Saturday, June 17, 2006

palermo è una cipolla complicata


ho letto un libriccino di roberto alajmo, palermo è una cipolla, edito laterza. è un'ipotetica conversazione con un turista appena arrivato nella Città (così chiama palermo, senza nominarla mai). alajmo parla del codice degli sguardi, del cibo, del mare, del nostro vezzo di cambiare i nomi dei luoghi, del dualismo mafioso/antimafioso, del rapporto dei siciliani con la morte, delle contraddizioni di palermo e dell'arroganza dei suoi abitanti. l'arroganza di credersi complicati quando invece non lo siamo. un siciliano, e ancor più un palermitano, si sente sempre semplificato quando i non isolani parlano di lui. succede anche a me. in realtà credo che non siamo più complicati degli altri, ma sicuramente più introversi. ci limitiamo a dire che è più complicato di così, ma non spieghiamo mai com'è. la nostra diffidenza è tale che non riteniamo il nostro interlocutore capace di comprenderci, di comprendere il posto in cui viviamo. mi chiedo se noi stessi ne siamo capaci. credo di no. e credo che il tentativo di alajmo di fissare per iscritto il profilo della Città sia stato un'impresa non facile e non duratura. lui stesso ammette che palermo è una città in continuo movimento, sempre in bilico tra metropoli e provincia. però credo che la nostra arroganza, scusateci, sia giustificata. siamo imbevuti del nostro essere palermitani e siciliani. sappiamo come si vive qui e come siamo fatti perché siamo sempre stati qui. e qui si impara guardando, non parlando. per questo, credo, spiegarci è difficile, è complicato. la grandezza dei nostri scrittori sta nell'averci raccontato tramite i nostri sguardi, i nostri gesti, i nostri dialetti, le nostre metafore, la nostra terra. palermo è una cipolla anche per chi c'è sempre vissuto, non si finisce mai di esplorarne le contraddizioni: uno strato è affascinante, l'altro è crudele, uno è ospitale, l'altro è ruvido, l'uno ti attrae, l'altro ti respinge. e non sai mai quando finisce uno strato e inizia l'altro.

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1 Comments:

Anonymous Anonymous said...

Nn credo ke l'intento dell'autore fosse quello d fornire un profilo di una realtà che semplicemente nn puo essere costretta in uno schema precostituito. forse l'obiettivo era quello d far capire al "turista", alla persona che nn vive qsta realta, quanto essa sia diversa,profonda, originale: probabilmente non arriverà mai a capirla, ma imparera a rispettarla, a riconoscerla nelle piccole cose ke vede. Perche questa consapevolezza manca,e cn essa manca un elemento fondamentale quando si parla di cultura, di diversità. ne sn un esempio tante discussioni ke sento, basate piu su pregiuduzi che riflettono un modo arrogante e chiuso di vedere le cose, che sulla realta stessa, mai indagata.. e allora finisce ke m incazzo :D
Un libro simile potrebbe essere scritto su tante altre citta. su milano, per esempio. anke questo avrebbe una sua profondita, e nn tutti la capirebbero. io per primo. ma sn convinto ke nn sarebbe la stessa cosa. e nn sl xke stiamo parlando d 2 citta diverse, di 2 realta diverse.

1:28 AM  

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