Sunday, July 30, 2006

pansa e le rovine del reame unionista


giampaolo pansa commenta i primi mesi di governo dell'attuale maggioranza (da l'espresso).

Lunedì 24 luglio, il direttore dell''Unità', Antonio Padellaro, ha chiuso l'editoriale con una domanda all'Unione: "Su che cosa siete d'accordo?". Su quasi niente, mi viene da rispondere. È sufficiente leggere qualche giornale per capire a che punto è la notte per la maggioranza di governo. Una notte buia e tempestosa, come diceva Snoopy, il cane di Charlie Brown. Per di più arrivata con un anticipo catastrofico rispetto alle speranze degli elettori. Che a soli tre mesi dalla vittoria, osservano furibondi il panorama di rovine attorno a Palazzo Chigi. A questo punto, mi par di sentire un amico che è solito raccomandarmi prudenza. Mettiti una mano sulla coscienza, mi suggerisce. Hai votato per l'Unione? Hai stima di Romano Prodi? Non vuoi veder tornare Berlusconi o qualche suo sosia? Allora abbassa i toni. Non affondare il ferro nelle tante piaghe. Gli rispondo: hai ragione, dovrei provarci. Però come faccio a chiudere gli occhi su quello che sta accadendo? E quel che accade mi avverte che l'Unione si sta sfasciando. Non per colpa di questo o quel partito, ma per un vizio di fondo che il Bestiario aveva intravisto e denunciato molto per tempo. Il vizio non è di essere un'alleanza fra diversi, condizione normale in tutte le coalizioni. No, la nostra Unione è un'alleanza fra opposti. Ossia fra partiti che leggono e affrontano i problemi italiani in modi conflittuali. Anzi, alcuni di questi partiti ringhiano che è proprio il conflitto, e non l'accordo, il sale dell'Unione. Posso citare, senza il timore di dare scandalo, un editorialista del 'Giornale'? È Renzo Foa. Lo stesso giorno della domanda di Padellaro, ha scritto che l'Unione ha un 'difetto di fabbrica', molto difficile da eliminare. Prima del voto, il 'difetto' non emergeva con la chiarezza brutale di oggi. Ma Prodi lo sospettava già. Quando, nell'intervista per 'L'espresso', gli chiesi se si sentiva in grado di comandare un esercito "tanto composito e rissoso", la risposta fu quella obbligata per un leader al culmine della battaglia elettorale. Disse: abbiamo un programma condiviso, se i miei mi fanno cadere, anche il governo cade e si torna a votare, i partiti dell'Unione resteranno tranquilli perché nessuno verrà emarginato, non mi piace mediare, voglio governare, nel Consiglio dei ministri non si discuterà, ma si deciderà.
Riletta oggi, quella risposta di Prodi ha il suono accorato di un'intenzione boicottata. Oggi l'Unione mi ricorda la Dc dell'epoca tarda: divisa in fazioni tutte protese a comandare. E che si guardano in cagnesco. Non solo senza stimarsi, ma disprezzandosi. È una condizione tragica soprattutto al Senato, dove la maggioranza è tanto anoressica da non essere per niente 'sexy', come la giudica il Professore. Sull'Afghanistan siamo rimasti appesi al cappio di una decina di senatori che, per giorni e giorni, hanno imperversato sui quotidiani. Una paginata dell''Unità' è stata spesa per registrare i puntigli di questi velleitari padrini della patria. Dai moniti del Malabarba su Prodi "aspirante suicida" ai bruschi richiami del Villone sul "bipolarismo paranoico". Sino alle angosce di Franca Rame: "Dirò di sì con il sangue agli occhi, ma Luca Casarini mi tirerà le uova". Poi il dilemma fantozziano sul sesso degli angeli: voto di fiducia no (Marini), voto di fiducia sì (il Parolaio Splendido Splendente), voto di fiducia forse (Prodi). Quindi lo scontro sull'indulto, con Di Pietro che si 'congela' come ministro e combatte contro il governo di cui fa parte. Dichiarandosi "offeso, violentato, quasi seviziato". I mastelliani gli replicano: "Stai raccattando i nostri esclusi. Sei l'Italia dei Portavalori". Dai corruttori e dai falsificatori di bilanci, liberandi o no, la rissa si estende agli embrioni. Se Bonino e Mussi la pensano in un modo, subito dieci deputati e senatori cattolici dell'Ulivo gli danno addosso, insieme all'Udeur di Mastella. E ancora: se Enrico Letta chiede che la maggioranza venga allargata al gruppo di Casini, il rifondarolo Giordano lo stoppa, strillando contro "la deriva centrista". Un suo compagno di partito, il ministro Ferrero, trova "auspicabile" che possa esserci lo sciopero generale contro la futura finanziaria dell'Unione. Persino l'araba fenice del Partito democratico genera dissensi radicali. Fassino lo vorrebbe dentro il Partito socialista europeo. Rutelli e Marini gli replicano: mai e poi mai. Alla fine di questa visita angosciata alle rovine unioniste, capita d'imbattersi in una cupa profezia del margherito Castagnetti: "Si avvicina il momento in cui Prodi dovrà chiedere ai responsabili dei partiti se ci sono le condizioni per governare". A questo punto siamo? Spero di no, ma temo di sì. E insieme a tanti elettori del centro-sinistra, mi scopro sdegnato. Come quello che a Positano, al passaggio di Prodi in maglietta azzurra da maratoneta, gli ha gridato: "Vi abbiamo votato. Adesso non fregateci!". Siamo sicuri che la fregatura non ci sia già?

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